martedì 13 novembre 2007

Esercizi di stile per prof e badanti

La mia amica Robi, nota come la "brontolona di Voghera" (ma brontola sempre per nobili ragioni e se fossero tutti come lei il mondo sarebbe un posto magari faticoso – uffa, sempre mettersi le pattine! – ma molto migliore, ha mandato questa noticina..



Esercizi di stile
Capisco tutto: il sempre troppo esiguo spazio in pagina che può indurre ad una sintesi talvolta eccessiva o esageratamente semplificata di una conversazione ben più articolata, la volontà di calcare un poco la mano su taluni concetti per destare l’attenzione di lettori spesso frettolosi e poco attenti, la “svista” del cronista che si trova a confezionare un pezzo in fretta e furia a pochi minuti dalla chiusura … Ma nulla di tutto ciò mi pare basti a giustificare il “registro” della conversazione con il professor Arturo Dell’Acqua Bellavitis (direttore del Dipartimento di Industrial Design del Politecnico di Milano), apparsa il 13 novembre sulle pagine milanesi del quotidiano “La Repubblica”e intitolata “I docenti in coda con le badanti in questura”.
Esordisce così Dell’Acqua Bellavitis: “E’ una follia che professori, dottorandi e studenti vengano trattati come l’ultimo immigrato che viene in Italia a fare le pulizie”. E dopo aver accennato ai problemi burocratici e dichiarato il pessimo funzionamento delle ambasciate all’estero ribadisce come per ottenere i necessari visti di soggiorno “…i ricercatori devono fare le notti in coda davanti alla questura come una qualunque badante”. Sono tempi questi in cui il linguaggio andrebbe forse un po’ più sorvegliato, perché le ottime ragioni che l’autorevole docente sostiene in merito alla necessità che le Università promuovano e intrattengano sempre più ampie relazioni internazionali non paiono trarre giovamento alcuno dalla inopportuna, e financo gratuita, discriminazione classista che le accompagna. A costo di sembrare ipersensibile, a frasi simili non riesco ad abituarmi: io mi indigno. Lo schifo delle notti in coda davanti alle questure è un oltraggio alla dignità di uomini e donne, indipendentemente dal lavoro che si apprestano a svolgere nel nostro paese. E non è raro trovare, in quelle file, ma anche negli ancora più sfortunati clandestini che approdano sulle nostre coste, persone provviste di gradi di scolarità e cultura superiori a quelli della nostra media nazionale.
Il rispetto dovuto ai nostri simili non può essere subordinato né alla loro provenienza geografica, né al censo o al ruolo sociale. Non posso sapere se il pensiero del professor Dell’Acqua Bellavitis è brutto di suo o se sia stato sciaguratamente mal confezionato dall’intervistatrice. Auspico per una prossima occasione un migliore stile e, certo, una miglior sostanza.
Roberta Migliavacca - A.N.P.I Voghera

4 commenti:

Franz Mosco ha detto...

Mi piacerebbe anche che in cronaca titolassero: "Italiano borseggia una signora" "banda di milanesi rapinano un a banca in centro" "Padano spaccia droga vicino alla scuola". La notizia infatti è la rapina o il borseggio non la nazionalità di chi la compie. O sbaglio? Sbaglio, lo so.

Ansietta Kammerlander ha detto...

Sì, una cosa tipo

"Banda di Parma rapina poveri pensionati risparmiatori".

La nazionalità può anche interessare, a fini statistici. Ma allora appunto la si indica sempre, e non la si usa per rendere più o meno odioso un crimine.
E poi è come se uno con la bici finisse sotto l'automobile e s'incazzasse di più o di meno a seconda che sia finito sotto una Fiat, una Citroen...

pepito sbezzeguti ha detto...

sempre splendidamente tagliente,la robi!

Ansietta Kammerlander ha detto...

Però mi ha mandato a dire che lei odia le pattine, la non-casalinga di Voghera!